Il Ponte, l’Italia e l’Europa
La storia di lunga durata dell’Italia conduce spesso alla constatazione che non dobbiamo inventarci nulla, quanto piuttosto dobbiamo operare per rendere attuali i disegni ed i percorsi dei nostri progenitori, al fine di adattarli e di interpretarli secondo la logica economica e sociale del tempo attuale. Non sempre ne siamo capaci, e tale elemento costituisce un fattore di debolezza nel mantenere inalterata la nostra capacità competitiva. Nella storia più recente, abbiamo dismesso completamente la programmazione economica, che aveva invece sorretto, tra la metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Sessanta, la stagione del miracolo economico, con i piani di Vanoni, La Malfa, Saraceno, Ruffolo. L’ultimo documento di programmazione che possa definirsi tale è il Piano Generale dei Trasporti del 1986, rimasto poi per lungo tempo inattuato, sino a generare l’unica opera infrastrutturale adeguata a trasformare l’architettura delle connessioni nazionali, vale e dire il quadruplicamento delle linee ferroviarie tra il Nord e la Campania. Intanto la logistica, le connessioni e l’economia del mare hanno assunto, nei decenni più recenti, sul finire del ventesimo secolo, un peso sempre più rilevante, per effetto della globalizzazione dell’economia. Il contenuto di mobilità presente nei prodotti che consumiamo è drammaticamente cresciuto, mentre anche i collegamenti delle persone stanno continuando ad aumentare. In tale contesto, le decisioni di politica dei trasporti, come più in generale le politiche economiche nel suo insieme, non sono state sorrette, nel nostro Paese, da una visione di piano e da una capacità di leggere unitariamente le differenti decisioni nei singoli modi di trasporto che formano il disegno infrastrutturale nazionale.